10 anni di trapianto: la cura degli affetti e del pensiero come manutenzione della vita

Oggi ricorre il decimo anniversario del trapianto di fegato. Mentre scrivo (sono circa le 11,00) ero in sala operatoria a Niguarda, dieci anni fa, sotto le mani esperte dello staff chirurgico. Prima di quel 22 aprile del 2009, altre mani esperte e teste pensanti erano riuscite a portarmi fino a quel formidabile traguardo, come ho ampiamente raccontato nel libro di cui questo sito è il biglietto da visita. Il libro, iniziato nel corso del 2014 e pubblicato nel 2015, è stato una tappa importante ma non l’unica. È soltanto la più visibile in quanto pubblica. Molti altri aspetti rendono questi dieci anni degni di un pensiero critico, in senso umano e filosofico.
10 è un bel numero, una sufficiente unità di tempo per tentare un bilancio, per poter azzardare considerazioni importanti che, proprio oggi, sento di poter far emergere dal pensiero intimo, rendendole condivisibili.
Per motivi di discrezione non citerò i nomi delle persone della mia vita privata, confidando nel fatto che ognuno potrà riconoscersi. Citerò in chiaro i nomi istituzionali delle realtà che sono intervenute in modo virtuoso in questi dieci anni di cammino.
Il trapianto non è stato solo il prolungamento della vita che era arrivata alla sua data di scadenza. È stato ed è, continuamente, un focus di esperienza, di sentimenti e di sviluppo del pensiero che mi forgiano come persona, inevitabilmente diversa rispetto a quella di prima. L’esperienza dura, complessa, della malattia terminale, della cosiddetta rinascita e della gestione del post trapianto, mi ha costretto a apprendere nuove abilità, necessarie per governare e vivere pienamente il mio stato di persona trapiantata, di donna bionica, per la quale la ipertecnologia medica ha trovato una via di salvezza del corpo, corpo rimaneggiato, ricostruito e a fasi alterne sempre sofferente a causa delle patologie autoimmuni, corpo insieme al quale ho dovuto lavorare sodo per costruire una nuova identità.
Parte di questi aspetti ho già narrato nel libro che è stato la prima forma compiuta di elaborazione di una emotività portata a riflessione attraverso la scrittura autobiografica. Una scrittura pienamente riparativa. Altri temi, vissuti e pensati dopo l’uscita del libro, sono per me motivo di una riflessione nuova, più matura e lucida, oggi, tempo nel quale – oltrepassati sessant’anni di vita biologica – raggiungo i dieci a impronta tecnologica.
In questo articolo desidero annotare alcuni aspetti della vita nuova intrapresa in questi dieci anni. Vorrei concentrarmi sulle competenze che, come dicevo prima, ho dovuto acquisire strada facendo per governare la nuova rotta della mia esistenza.
Il tema centrale è quello della cura. Prendersi cura di …
Nella vita privata il “prendersi cura” ha riguardato me stessa e le relazioni. Familiari, innanzi tutto, nel delicato e quotidiano compito di crescere tutti e quattro: mio marito, mia figlia, mio figlio e io. Crescere in età cronologica, crescere in maturazione, partendo proprio dalla riparazione continua del periodo traumatico che abbiamo vissuto e affrontato. Una pratica continua di attenzione, accoglienza e cura dei punti critici delle nostre vite, dei nostri caratteri, delle personali spigolosità e debolezze. Parimenti, abbiamo imparato a riconoscere e a dare importanza ai nostri punti di luce e di forza, che esistono, e che possono ulteriormente fiorire nel tempo, solo se siamo in grado di dar loro un costante nutrimento fatto di amore e di rispetto per le nostre imperfette individualità. Solo se riusciamo a non guardare ossessivamente quello che la vita ci toglie ma a puntare sguardo, mente e cuore verso quelle opportunità che sempre esistono nonostante i limiti personali e dell’esistenza.
Nella cerchia delle amicizie molte cose sono cambiate. Le relazioni amicali si sono colorate di sfumature per me molto interessanti e più in sintonia con il mio mondo emotivo profondo. Alcune relazioni si sono inevitabilmente perse per strada, com’è inevitabile quando si attraversa un cambiamento così radicale come quello che ho vissuto. Altre sono divenute una realtà quotidiana, o comunque costante, nella quale si condivide il piacere della narrazione delle nostre vite. Raccontarsi, tra persone in relazione affettiva, è una facoltà umana meravigliosa, che dà gioia e, nello stesso tempo, apre il pensiero. Alcune giornate buie possono riaccendersi attraverso una telefonata, un incontro in pasticceria, due chiacchiere sul terrazzo che si affaccia sul lago, una passeggiata tra i cortili dell’Università Statale, una respiro di aria marina. La coltivazione degli affetti è stata il terreno su cui ho potuto, e posso, costruire tutto il resto.
Cos’è “il resto”? Sono le passioni ritrovate dopo tanto penare e forse proprio “il penare” me le ha fatte sentire di nuovo come necessarie e altamente desiderabili. Passione che possiedono la comune appartenenza al mondo dell’arte, intesa qui come esperienza umana di trascendimento.
Nulla sarebbe profondamente cambiato in me senza il ricorso alla letteratura, alla poesia, alla saggistica. Rispecchiamento necessario e virtuoso per poter a mia volta scrivere. Scrivere come atto di riparazione. Scrivere come ricerca rigorosa – direi filosofica in senso ampio – di un pensiero vivente e mai quieto. Scrittura come cura di se stessi. Dell’incontro con la Libera università dell’Autobiografia di Anghiari (www.lua.it) ho già scritto ampiamente nel libro. Libro che, a sua volta, è stato un’ulteriore chiave d’accesso per dare un’occhiata al mondo dell’editoria. Attraverso queste esperienze ho conosciuto persone importanti, tuttora presenti nella mia vita.
Nulla sarebbe cresciuto così tenacemente, in questi dieci anni, se non avessi riversato le competenze di scrittura in un’azione intenzionale di cura verso e con altri, come me sofferenti. Collaborazioni con Attivecomeprima Onlus (www.attive.org) e con Amamilano (www.amamilano.org), in qualità di attivatore e formatore di scrittura autobiografica per pazienti e per curanti. Nello stesso ambito inserisco la recente attività di formatrice, nell’ambito della cultura del trapianto, in occasione di master universitari.
Nulla, infine, risuonerebbe di linfa vitale senza la Musica. Con pazienza e determinazione ho ripreso lo studio della musica e del canto, in veste amatoriale ma sempre rigorosa. La fondatrice di Salotto in Prova (www.salottoinprova.it) mi ha avviato e si è presa costantemente cura della mia formazione musicale, incoraggiandomi sempre. Vi è poi la fondamentale attività canora. Una profonda e vitale felicità per me. Ho iniziato con l’esperienza nei cori di musica africana condotti da Arsene Duevi (www.arseneduevi.it). Lì ho imparato il ritmo, l’ispirazione dei brani originali del maestro, e ho stretto relazioni importanti. Ne ho raccontato nel libro e nel cortometraggio Agamà, la vita cambia (www.agamafilm.com) realizzato con Johnny Dell’orto e Nico Cavallotto. Successivamente ho cantato nel Coro Bocconi, diretto da Martina Zambelli. Un’esperienza vivace e stimolante, con brani della modernità e alcuni tuffi nel passato. Infine ho chiuso il cerchio tornando all’origine, al momento aurorale nel quale la musica si è accesa nella mia vita. C’era il nonno, direttore della banda di Oleggio. C’era mio padre, in compagnia del quale ascoltavo musica quasi ogni sera, la sua musica preferita che partiva dal periodo classicismo e sfociava spesso in quello romantico. Musica sinfonica che inondava la casa dai dischi 33 giri della mia infanzia. Musica da camera e orchestrale ascoltata dal vivo all’Auditorium di Torino. Sono tornata alle origini e ora canto come soprano presso l’Accademia Corale di Milano (www.accordimi.it) una realtà corale amatoriale di livello diretta dal M° Sandro Rodeghiero. Le prove, la preparazione dei concerti, lo studio e il rigore esecutivo, sono di per sé elementi di crescita. Il piacere della musica cantata è ormai un elemento fondante della mia persona. È esperienza di continua bellezza.
Oggi, quindi, festeggio i miei dieci anni di trapianto. Insieme a questo, festeggio la nuova vita, iniziata allora, in speranza di continuazione, finché il destino e la medicina lo permetteranno.


14 thoughts on “10 anni di trapianto: la cura degli affetti e del pensiero come manutenzione della vita”

  1. Cara Laura, mi commuove sempre la tua lucidità e capacità di affrontare con fermezza grandi difficoltà. Ti ammiro e ti voglio bene. Isabella

  2. Cara Laura, la calda e profonda semplicità della tua scrittura mi ha fatto innamorare fin da subito. Oggi che si è trasformata in amicizia, mi riempie di gratitudine e di gioia.

    1. Cara Alessandra, tu sei stata la custode e la curatrice della mia scrittura. L’amicizia è nata perchè, oltre ad essere una bravissima professionista sei anche una bella persona. Ti abbraccio

  3. Cara Laura sono felice di averti incontrato e di avere con te un comune due tra le cose più preziose della nostra vita: Sabrina e la Lua. Per questo, e per quello che sei ora, ti abbraccio fortissimo
    Lilli

  4. Cara Laura,
    sebbene abbia il piacere e l’onore di essere stata tua amica e collega, giorno dopo giorno, durante i dieci anni dal trapianto, leggere le tue parole rimane per me un’esperienza straordinaria, che mi fa sempre capire o sentire qualcosa di nuovo. Così come lo è stato Tra due vite: ancora alla terza volta l’ho letto d’un fiato come fosse un giallo.
    Grazie per tutto ciò che facciamo e abbiamo fatto insieme.

    1. Grazie Antonella! Grazie per aver letto e per continuare a farlo, per l’amicizia, per la collaborazione, per le parole che stiamo cercando come traccia di pensiero… a presto

  5. Laura, buongiorno. Ho comprato e letto il tuo libro, potente ed emotivamente straordinario, qualche anno fa. Amo i libri e con essi lavoro. Di più: scrivo io stessa e condivido il tuo interesse per la scrittura e la condivisione autobiografica, che vorrei approfondire.
    Dal 19 aprile ho in più, con la tua esperienza, una dolorosa affinità: mia figlia tredicenne ha subìto un trapianto di fegato. Una malattia fulminante, di origine genetica e a noi ignota, l’ha portata a essere in pochi giorni terminale. È stata salvata in extremis, da luminari a Bergamo. Ora sto rileggendo il tuo libro, poi lo passerò a lei.
    Ti abbraccio e auguro un lieta Feria d’agosto.
    Michela Musante

    1. Cara Michela, grazie per il tuo apprezzamento. Ancor più ti ringrazio per aver voluto condividere la vicenda di tua figlia. Per un’adolescente può essere un’esperienza estremamente traumatica, soprattutto nella gestione della sua vita futura. Per fortuna lei, come me, è stata fortunata nella sventura. Sono certa che riuscirete a sostenerla anche nel processo di adattamento alla vita post trapianto. Un aiuto psicologico di sostegno al cambiamento può essere utile. Nel mio caso lo è stato: grazie a questo lavoro dalle difficoltà sono fiorite nuove consapevolezze e diverse opportunità. Un abbraccio a tutti voi

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