Francesca è un’amica di gioventù.
Ai tempi eravamo molti nella compagnia, tutti giovani, vitali e pieni di allegria. Da allora sono passati quasi trent’anni inevitabilmente selettivi e dispersivi del gruppo originario.
Eppure il tempo allontana e il tempo riconduce. Francesca Pontiggia ha scritto una raccolta di racconti meravigliosi, intitolata “Verrebbe voglia” edito da Gambini nel 2020. In quella occasione – prima della pubblicazione – mi mostrò le bozze ed ebbi quindi il privilegio di leggere in anteprima quei racconti indimenticabili. Iniziammo una fitta corrispondenza. Scrissi la prefazione considerandomi privilegiata per un incarico così importante. E il libro ebbe vita, con i suoi racconti molto apprezzati dalla critica e dal pubblico di lettori. Nei due anni successivi Francesca e io siamo state accomunate anche da qualcos’altro, oltre la scrittura. Siamo entrambe ammalate, in cura, in resistenza, in accanita tenuta di rotta, al timone nonostante tutto. Ed ecco che Francesca scrive poesie, divenute strumento privilegiato per esplorare e esprimere il turbamento. Vince il primo premio al concorso letterario “Donna sopra le righe” con la poesia “La lumaca” ove, con parole nette e nello stesso tempo arcane, mostra lo stordimento del ritrovarsi dentro un esoscheletro a protezione delle fragili ossa. Eppure lei non è fragile e dentro la corazza viaggia, lavora, cammina lungo i sentieri aostani, perché «Anche la lumaca conosce la sua vertigine – nell’andamento spiraliforme del guscio». Ammaliata dalla sua poesia le chiesi di scriverne una a me dedicata. Mi chiese tutti i dettagli medici. Dai freddi referti e dalle parole diagnostiche nasce ora “Maneggiare con cura” scrittura poetica di lampante bellezza. Grazie Francesca, penna fine, mente lucida e cuore grande.
Maneggiare con cura
Non è antica statua a richiedere cura,
ma corpo guastato da colangite sclerosante
a cui ridà vita un fegato nuovo, dono inatteso dal livido risvolto.
Non è cristallo a esigere cura,
ma budella non più vitali
ove l’adenocarcinoma ha esito infausto.
Vorrei usare parole d’incanto
per descrivere il celato tesoro
e non sbattere in faccia la realtà.
In fondo non tutti hanno animo per sentire,
o forse vengono colti da sordità.
Proctectomia non restaurativa
con dissezione intersfinterica e asportazione anale.
Ecco, detto.
Parrebbe musicalità di poeta,
invece l’immagine desta stupore
a causa del sacchetto a fondo aperto,
da maneggiare con cura.
Vorrei incantare con gesti da domatrice di cuori,
per trasformare l’empietà dello svuotamento
in liberazione dal pregiudizio
e sentirmi ancora un giorno normale.
Vorrei spogliare anima e corpo senza ritegno
se non temessi che l’esposta nudità è duplice
e nessun velo celi del me anche l’immondo.
Amate mani che vi posate ancora,
datemi voi l’incanto del perduto,
quando sfioravate il desiderato ventre, poi rigonfio e ora martoriato.
Bello!
Grazie Nico
Potente
Sì, lo penso anch’io. Hai trovato la parola giusta: potente
Molto ruscito esempio di che “tutto è poesía” come è stato detto anche da Nicanor Parra, che avrebbe saputo apprezzare e molto questo poema. Complimenti alla scrittrice e a chi l’ha ispirato a scriverla.
Grazie, mi ha incuriisito riguardo a Parra. Andrò a cercare i suoi componimenti
Buona sera. E stato una vera sorpresa la sua risposta, credevo d’aevere scritto a Francesca Pontiggia. Ma questo non toglie che mi fa molto piacere la sua risposta. Nicanor Parra è stato un fisico, ingeniere e poeta cileno, morto nel 2018, fondatore della anti-poesia. Nell paese di Gabriela Mistral e di Pablo Neruda lui è stato il primo a sviluppare una poesia priva di artifici e formalismi e però piena di significato. Magari lo trova interessante. Mi faccia sapere le sue reazioni, mi farebbe piacere. L’invio tnti auguri e saluti cordiali, Mercedes
Tenere insieme il crudo e il delicato è scioglere un ossimoro…che belle penne che siete!
Proprio così, Francesca ci riesce benissimo.
Grazie per “belle penne”!